Una leggenda antica si intreccia ad una storia che si svolge nel presente. Sullo sfondo un gioiello del passato, oggi un castello abbandonato che non ha perduto l’antica bellezza ma che nel racconto di Sara Acerbis ritrova l’antico splendore. “Il mistero della torre” (Angolazioni Editore) non è solo un giallo dedicato ai giovani lettori è anche una straordinaria occasione per scoprire un angolo prezioso del territorio bresciano, il castello Martinengo da Barco, eretto da Gianfrancesco Martinengo nel 1463, sulle rovine di un precedente castello medioevale. È attorno a questo maniero che si snodano le avventure dei due piccoli protagonisti Niky e Tommy, recuperando storie molto più lontane nel tempo che hanno come protagonisti altri bambini e un antico medaglione.
Come è nata l’idea di scrivere un racconto su questo antico castello?
Amo molto andare a correre al Parco dell’Oglio Nord. Ci sono andata spesso, poi un giorno è come se lo sguardo avesse osservato in modo diverso il paesaggio. È bellissimo il castello di Barco. È un maniero che ha un forte impatto visivo. In un certo senso posso dire che sono inciampata in questo castello. Un bel giorno l’ho guardato e da lì la mia fantasia è partita. Ho cominciato ad interessarmi alla sua storia. E già dalle prime ricerche è nata anche la voglia di “riportarlo in vita”, di dargli il lustro che meritava, facendo conoscere la sua storia ai bambini di oggi.
I riferimenti storici che si trovano nel racconto sono frutto dunque di attente ricerche?
La ricerca storica è stata appassionante, mi sembrava quasi di essere davanti ad una sorta di matrioska, ogni storia che incontravo ne conteneva un’altra in una serie di connessioni sempre interessanti. Il ramo dei Martinengo da Barco erano proprietari anche del Palazzo dove oggi è ospitata la Pinacoteca. Il signore del castello era una grande Mecenate che ha contribuito anche alla costruzione della rocca di Anfo. Gianfrancesco, che fece costruire il castello, fu un valoroso condottiere ma anche un architetto militare che fece erigere diversi castelli in Lombardia. Gianfrancesco Martinengo ha avuto quattro figli, una di questi era Isabella.”
Ed è attorno a Isabella che si costruisce, la trama da racconto giallo…
Isabella è realmente esistita, l’unica libertà che ho lasciato alla narrazione è stato decidere di ambientare la sparizione della bambina nel laghetto delle ninfee, un laghetto che oggi non c’è più ma è citato in un testo storico. Così come si riallaccia a un preciso significato storico anche la data del 9 maggio. Ogni 9 maggio, infatti, una misteriosa bambina appare. Si tratta di una data importante nella storia romana è il giorno in cui i morti, che non avevano avuto giusta sepoltura, tornavano sulla terra.
Come sono nati, invece, i due piccoli protagonisti?
Niky l’avevo già bene in mente, lei era il mio filo conduttore. Ho iniziato la storia pensando ad una leggenda. Poi è venuta l’idea di scrivere un giallo. È stata la scrittura a indicarmi la strada.
Quando ho scritto il primo capitolo, da lì è scaturito tutto il racconto. E se Niky era già ben delineata fin dall’inizio, Tommy è nato, invece, scrivendo. È un personaggio a cui sono molto legata e che ha il pregio di dare ironia e leggerezza al racconto.
Hai scritto questo racconto con un obiettivo ben preciso, quale?
Desideravo profondamente valorizzare questo sito archeologico, perché è una fonte di ricchezza straordinaria del nostro territorio. Amo dar voce alla mia terra e vorrei che i bambini apprezzassero i luoghi dove sono nati, conoscendo la rete incredibile di esperienze e vicende passate che fanno parte della nostra storia.