THORVALDUR THORSTEINSSON. Mi chiamo Blidfinn ma puoi chiamarmi Bobo, edito da Salani, è il primo libro tradotto in Italia del premiatissimo scrittore islandese Thorvaldur Thorsteinsson. Le sue storie hanno la magia delle fiabe nordiche. Sono storie cui in cui i personaggi sono vicini allo sguardo di un bambino con la loro freschezza e semplicità. Ma al tempo stesso sono storie filosofiche, che affrontano i nodi cruciali della vita: l’amicizia, l’affetto e l’amore e la morte. Thorvaldur Thorsteinsson è un artista a tutto tondo ed è considerato uno dei più versatili e prolifici autori islandesi. Scrive libri, commedie, si occupa di arti visive ed è autore di testi per la radio e la televisione.Come è nata la scelta di essere scrittore per ragazzi?«In realtà quando inizio a scrivere non mi pongo mai la questione di quale sarà il mio pubblico. Scrivo mosso dalla necessità di parlare di alcune cose che in quel preciso momento sento vicine e importanti. Quando poi mi sono reso conto che nascevano storie per bambini mi sono sentito più libero. Perché i bambini hanno una grande apertura di pensiero davanti alla vita. Scrivere per i giovani lettori mi ha permesso così di essere più onesto nella mia scrittura, più filosofico, più giocoso e anche più ingenuo.»Mi chiamo Blidfinn ma puoi chiamarmi Bobo è il primo titolo di una quadrilogia, come mai la scelta di scandire in quattro libri diversi il racconto?«All’inizio c’era solo la prima storia, quella appunto contenuta in Mi chiamo Blidfinn ma puoi chiamarmi Bobo, dopo un anno mi sono trovato in testa una trama molto più grande e complicata ma nel frattempo mi sono messo a scrivere quello che poi è diventato il secondo libro della saga e ho così decido di dare spazio a quello che ancora avevo in mente e suddividerlo in due libri diversi. Ecco come si è sviluppata la quadrilogia che ha per protagonista il piccolo Blidfinn.»Ha studiato arte e ha esposto le sue opere in diverse mostre, ma è anche scrittore per la tv, la radio ed il teatro. Da cosa nasce questo suo desiderio di esprimersi in modo trasversale attraverso mezzi e strumenti diversi?Quando ero piccolo, a scuole, mi avevano detto che avevo talento. E credo quella sia stata una sfortuna. Solo molti anni dopo ho capito che del talento, inteso come abilità tecnica, non me ne importava nulla. Ciò che cercavo era la possibilità di esprimere, indagare, cercare, creare. E così ho seguito la passione dove di volta in colta mi portava. C’è continuità tra le sue diverse espressioni artistiche ed il suo essere scrittore?«A volte mi piace seguire le diverse possibilità di linguaggio offerta dai media, ma questi cardini spesso saltano e mi trovo così a fare un lavoro per la radio che diviene poi un libro in prosa e poi passa alla tv come telefilm. Così i diversi linguaggi si mescolano e, credo, si arricchiscono l’un l’altro.»A cura di Laura Ognamarzo 2009