SUSANNA TAMARO. La scorsa primavera è tornato in libreria un romanzo scritto dalla Tamaro alcuni anni fa, riproposto ora da Salani. Una storia dedicata ai giovani lettori che è stata tradotta in Brasile, Corea, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Portogallo, Spagna. A Tobia e l’angelo (Salani, 11,00 €) Susanna Tamaro è molto legata. Protagonista di queste pagine è Martina, una bambina curiosa ma al tempo stesso invisibile, che si fa tante domande, cerca delle risposte senza che nessuno si curi di lei. Invisibile agli occhi di genitori troppo impegnati e a quelli di una società che troppo spesso lascia insoddisfatto il bisogno di capire dei più piccoli soprattutto di fronte a temi impegnativi e profondi come il senso dello stare al mondo.Come è nato questo libro?«L’ho scritto nel 1996, poco dopo aver finito Anima mundi. Volevo parlare della solitudine dei bambini e della necessità di affrontare con loro la parte misteriosa della vita, come la morte e il mistero della scomparsa delle persone care. È un libro che parla della fragilità e della poesia del mondo dell’infanzia. Fragilità e poesia che molti adulti spesso non sono più in grado di vedere. Ma era l’occasione per parlare anche della figura così dimenticata ma cosi fondamentale dell’angelo custode».Cosa significa per lei scrivere per i piccoli lettori?«Vuol dire andare in fondo al piacere puro di raccontare. E anche offrire loro valori per il loro immaginario. I libri letti da bambini, infatti, restano dentro di noi per tutta la vita».Da piccola che lettrice era? Quali autori e quali letture l’hanno segnata?«Da bambina non amavo particolarmente leggere. E difatti ho dedicato anche un libro a questa sindrome: Papirofobia. Mi piaceva solo leggere le enciclopedie sulla vita degli animali e delle piante. E credo che questo amore e questa attenzione si sentano in tutta la mia opera». In Tobia e l’angelo si affrontano temi “scomodi” come il sentirsi diversi, non amati, ma si parla anche dei sogni e della forza dell’amore ritrovato. Cosa l’ha spinta ad affrontarli?«Da bambina mi sentivo molto sola. Avevo tante domande dentro me, tante paure, tante insicurezze e non avevo nessuno con cui parlare. Come Martina, mi piaceva parlare con gli alberi, con i mobili della casa, con gli animali e mi pareva che tutti mi rispondessero».Nel libro si parla di parole: parole-ragno, parole-scorpione, ma anche parole-chiave. Cosa rappresentano per lei le parole? «Le parole sono il modo di esprimere la parte più profonda di noi, la parte che ci permette di entrare in relazione con gli altri. Le parole sono la base del mio lavoro e ritengo che non devono essere mai vuote o inutili». A cura di Laura Ogna ottobre 2007FOR KIDS testata registrata presso il Tribunale di Milano N° registrazione 468 del 11/07/2006